(non so quanti capiranno il titolo)
Il motociclista e' per definizione il possessore di una moto, dunque essere un motociclista *dovrebbe* essere semplice.
Basta comprare, rubare, usare una motocicletta, sperimentare quell'equilibrio che non c'e', che poi diventa precario e infine equilibrio stabile con l'avancorsa che fa il suo dovere.
Un po' strano, è vero. Una "sardo" (termine indicante quelle scatolette metalliche munite di 4 o più ruote e di un motore) è più semplice, c'é poco da inventare. Anche quando ti va male, nella "sardo" sei come il processore di Terminator: totalmente blindato.
Ma la moto... ti puoi vestire come un cavaliere medioevale, l'elmo, lo scudo sulla schiena, le protezioni fino alle palle, ma se cadi e' dura: la strada e' dura. E poi è corta, molte volte, che forse manco il tempo per una preghiera e se ti va bene, è in salita, che guarire è sempre difficile.
Ma il motociclista non è il pazzo che se c'e' la porta, entra dalla finestra, almeno non è solo questo. La "sardo" la usa, forse più della moto, ma la sua moto è un'altra cosa. Tutti sono automobilisti, anche quelli senza patente che al posto vicino alla guida, da pari, ti dicono: "vai", "libero", "puoi andare", "rallenta" "dai, sorpassa". E smanettano l'aria condizionata e poi c'e' la radio.
Pare appunto, che la macchina è democratica.
La moto no.
Una moto, un motociclista.
Anche una zavorra, ma per l'appunto zavorra.
Indispensabile alla mongolfiera, utile sulla moto, ma sempre zavorra è.
E c'e' una cosa che lega i motociclisti, che fa il motociclista e che non e' la moto.
E’ la faccia.
Per vederla, la faccia del motociclista, e' indispensabile che il motociclista sia solo.
Lui sa, che la sua faccia è il suo limite, quello che lo tradisce.
E così quando si trova, in compagnia, di altri motociclisti, ma anche no, fa il buffone, risa sguaiate, battute insulse che non farebbero ridere ma tutti ridono lo stesso, urla, linguacce che neanche all'asilo.
Gente, che ruba cibo dal piatto, cibo abbondante, mucchi dietro i quali si cerca di nascondersi.
Scherzi idioti, comportamento insolente fino all'eccesso.
Una maschera che si rilassa solo dentro il casco, quando la faccia e' nascosta come la faccia nascosta della Luna.
Allora ci si calma, i muscoli si rilassano.
Si ha la scusa della partenza, dell'emozione della partenza ma in verità non c'entra niente.
Ma di tanto in tanto è possibile vederla la faccia del motociclista, quella vera, quella solitamente racchiusa dal casco.
E' la faccia del motociclista solo, può capitare di coglierla in qualche motociclista solo, su al passo; motociclista che toglie il casco e si dimentica da indossare la faccia da pirla di ordinanza, quella buona per ogni gente.
E allora vedi la faccia che sai essere la tua.
Non c'e' il sorriso idiota di quando hai messo le chiappe sulla tua moto nuova, lo stesso sorriso del bambino davanti ai regali di Natale e neanche la serenità dei primi chilometri dopo una pausa forzata, niente di tutto questo, solo una faccia un po' tesa, troppo seria, i muscoli che segnano il volto e gli occhi che puntano ossessivamente, avanti, ma non focalizzano il punto determinante davanti a sé. Gli occhi sono sempre orientati un pò laterali, come in una curva, in ingresso e tu devi guardare la corda.
E quegli occhi sfuggono, evitano di fissare ciò che li spaventa, abituati ad andare dove guardano: se guardano la buca, profonda, paurosa, moto, motociclista e vita andranno lì, se fissano quel sasso in carreggiata da evitare, moto, motociclista e pneumatico andranno lì. Dunque quegli occhi non guardano mai ciò che li spaventa sono proiettati al futuro ma solo dove si vuole andare. Non degnano di uno sguardo l'orrido ... eppure il volto e' triste.
E' difficile da spiegare. non ci sono le foto, che se fate la fotografia al motociclista questo si inventa una boccaccia, un modo volgare di uscire dall'empasse, solo qualche scatto ha colto la faccia del motociclista, qualche volta celata da un sorriso imbarazzato.
E c'e' anche l'eccezione che conferma la regola: una faccia da motociclista in uno famoso per le "sardo":
Gilles Villeneuve.
Un mio ricordo di un Montecarlo a mezz'ora dalla fine delle prove, Gilles comincia ad infilare una serie di giri veloci.
E' stato allora che ho assistito a una dimostrazione di controllo della vettura.
La Ferrari usciva dalla quarta curva staccata di una ventina di metri da una McLaren, mostrando un accentuato sovrasterzo di potenza. Controsterzando un poco, ma solo un poco, Gilles continuava a dare gas e la macchina proseguiva, per quasi tutto il breve rettilineo, storta senza raddrizzarsi del tutto e, anzi accostando sempre di più al muretto di destra per effetto della forza centrifuga.
Solo al momento di cambiare e frenare per il Gasometro, e solo in quel momento, la Ferrari tornava perfettamente dritta, uscii dal tornante vicinissima alla McLaren, che venne inghiottita nel rettilineo delle tribune….
Un altro rettilineo storto di questo circuito.
Ho visto un mucchio di gente applaudire sulla tribunetta, meno di un minuto e mezzo dopo Gilles è ricomparso, stavolta da solo e, non ho creduto ai miei occhi quando gli ho visto ripetere la prova di funambolismo del giro precedente, avvicinandosi ancora di più al muro di destra.
Allora ho capito che la prima volta non si era trattato di una manovra per rimediare ad un errore di guida, ma era "quello" il sistema di guida per una vettura che poteva e doveva contare soprattutto sulla potenza. E per scaricare sull'asfalto quanta più potenza possibile non si poteva badare troppo al perfetto allineamento delle quattro ruote: una carenza "estetica" della quale non preoccuparsi.
Nel 1982 disputa con la Ferrari i primi 4 Gran Premi della stagione di Formula Uno, ottenendo un terzo posto a Long Beach (poi squalificato per irregolarità della sua Ferrari che aveva montato un doppio alettone) ed un secondo posto ad Imola alle spalle del compagno di squadra Didier Pironi.
Sabato 8 Maggio 1982, alle 13,52 negli ultimi minuti della seconda giornata di qualificazioni alla vigilia del Gran Premio del Belgio di Formula Uno, alla Terlamen Curve del circuito di Zolder Gilles esce di pista dopo una collisione con la March di Jochen Mass.
alle 21,12 dello stesso giorno…
Inizia la leggenda...
Da Gilles ebbi la prima lezione di vita: non darsi mai per vinti.
La faccia da motociclista tipo era la sua faccia.
Sempre pensierosa, gli occhi vispi ma tenuti un po' di lato, a mirare il futuro, quello che verrà, ma quello che non spaventa.
I suoi occhi, il paletto che gli ha rubato la vita e ce lo ha rubato, non lo hanno visto.
I suoi occhi erano già sulla tabella che gli doveva dire che era più veloce del nemico.
I suoi occhi sono morti un giro dopo.
La preoccupazione, che si percepisce, e' lo stato fondamentale del volto giacchè gli occhi, il brutto, non lo vogliono vedere.
Non e' una faccia triste, e' una faccia, che basta un elicottero, un motore qualsiasi perchè conosca il sorriso del fanciullo la notte di Natale, e' una faccia che se si accorge che la state guardando se ne esce con una battuta. e una risata.
Oppure, si nasconde sotto una casco, e' uguale.
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Sandro, Duca 888 Sp4 "BARNSTORMER"
Multistrada 1000 (1100 lievemente taroccata) "MANFRED III"
Honda Dominator '89 "POSTATOMICO"
Presidente del club PPCSP
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"Mi rendo conto di essere crudo e spiacevole,
ma non siamo quì per fare balletti da salotto,
ne per sentire racconti di favole"