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8/8/2016

Salutiamo i bambini della nostra guesthouse e ci incamminiamo verso il Kazakhstan.
Sulla strada, tra yurte cavalli e montagne, non perdiamo occasione di familiarizzare coi Kirghisi.
Roberto si mangia più volte le mani per essersi dimenticato a casa il baston selfie, mentre io benedico la sua sbadataggine, e forse si mangia pure le mani per il fatto di dover lasciare così presto questo paese che gli sta già facendo un'ottima impressione: ci torniamo Robi, non temere!



















Arriva il momento del pranzo e da queste parti ha praticamente sempre lo stesso significato: shashlik.
Il ristorantino in cui ci fermiamo ne prepara di ottimo, ancora non sappiamo che ce lo ricorderemo per tre settimane come il migliore del viaggio.





La Kirov Dam è famosa per l'immagine scolpita nella pietra...











Entriamo in Kazakhstan e attraversiamo Taraz. Sabrina è dal 2010, quando ci passammo di ritorno da Samarcanda, che non perde occasione per dire che si tratta di una città orrenda e non ci si vuole assolutamente fermare.
Mentre percorriamo la via principale mi dice: "ma noi in questa zona non ci siamo mica venuti, non è brutta come la ricordavo", e proprio mentre dice "non ci siamo venuti" le indico sulla destra l'albergo in cui dormimmo 6 anni fa.
Decidiamo comunque di proseguire e raggiungere Shymkent, dove arriviamo col sole ormai calato.
La sera i vicini di tavolo ci invitano per bere qualche shot di vodka russa (ci tengono a dire che è russa, evidentemente per dire che è buona) e dopo vari brindisi all'amicizia tra il popolo italiano e quello kazako, le cose vanno a finire nel più prevedibile dei modi...