"il MIO nurburgring"

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redflyer
00martedì 22 marzo 2011 20:44
alcuni anni or sono...
Sono le 6.15 di Venerdì mattina quando mi coglie la consapevolezza del fatto che non riuscirò mai ad arrivare puntuale all'appuntamento di Bologna.
Causa clamoroso errore di calcolo delle distanze, sono rannicchiato sul serbatoio di Barnstormer al quale sto sgranchendo le valvole nella speranza di contenere il ritardo.
Naturalmente, alle 9, gli altri sono è già lì e han pure fatto colazione.
Camuffo con un sigaro il fumo bluastro che sale dagli scarichi del Duca, con molta nonchalance fingo un signorile ritardo per banali inconvenienti.
Ma si taglia corto e partiamo: la strada è tanta e siamo belli freschi e carichi.
Autostrada fino a Como, dopodiché iniziamo a inerpicarci in direzione Svizzera.
Alla vista del cartello S. Fermo mi chiedo se l'abbreviazione stia per "sei", poi, evitando di deprimermi fantozzianamente, decido di aver trovato a che santo votarmi in futuro.
In men che non si dica, comunque, siamo in cima al Novena, dove decidiamo di mangiare.
Non prima che una folata di vento schianti letteralmente a terra il casco di Paolo appoggiato sulla sella mentre è al telefono con Luciano..
In fila per il primo Bratwurst di una lunga serie sentiamo la voce da orco del padrone del rifugio che ci chiede "Pello il passo del Nofena, eh?" e ai nostri sorrisi continua: "Io sono kvello che afete passato salendo".
Inizio a sudare freddo mentre realizzo che si tratta del pilota del Varadero che ho passato con una certa aggressività mentre mi sforzavo di non perdere troppo il contatto da Paolo, e già mi immagino la roba che finirà nel mio piatto, ma l'orco ride e ci rilassiamo.
Il Furka ce lo beviamo di spinta, e la sosta successiva è in cima a quell'orgasmo motociclistico meglio noto come Sustenpass.
Farsi quel passo dietro a Paolo significa soffrire: il maledetto sale con una nonchalance clamorosa mentre io, al suo ritmo, ho un costante rivolo di sudore che mi scende sulla fronte.
In crisi perché non capisco dove e quando accidenti freni, ad un semaforo per lavori in corso chiedo "Paolo, hai qualche problema allo stop?" -
"Eh, no, è che tengo sempre un po' il freno tirato, guido meglio così".
Requiem per le mie speranze di capire cosa mi aspetta alla curva successiva quando mi stacco di più di una decina di metri da lui.
Il fetente invece ha il GPS, roba da videogame con la mappa disegnata a lato dello schermo.
Inizia la sofferenza: arrivati in pianura c'è un caldo terrificante, e in più Paolo ha scelto una stradina dall'esplicativo nome di Panoramastrasse, che gira tutt'attorno a Lucerna e al suo lago.
Dopo un'ubriacatura spaventosa di curve, finalmente valichiamo il confine con la Germania e ci fermiamo a bere qualcosa per reintegrare quella decina di litri sudati.
Fra noi e la sosta per la notte c'è una tremenda strada di campagna tutta sotto il sole, ma all'uscita di un paesino il paesaggio cambia in quello caratteristico della Foresta Nera, e sotto le nostre ruote inizia a snodarsi una strada tortuosissima in mezzo agli alberi.
Spettacolo allo stato puro, se non fosse che l'aderenza, per qualche motivo, mi sembra un po' precaria.
Paolo rallenta, mi fa affiancare e mi urla "Attento, per terra è pieno di aghi di pino."
Visto che ho già perso l'anteriore due volte, con supremo sprezzo del pericolo levo una marcia e chiudo il gas, lasciando il Maxiendurato a fare il suo ritmo.
Visioni delle carene di Barnstormer che scivolano a terra mentre rotolo verso un albero mi convincono ulteriormente.
Dopo un bivio, la strada si apre ma resta strepitosa, tanto da ricordarmi quelle piste da videogiochi stile Test Drive o Need for Speed. Bastano una decina di chilometri di quella roba per riconciliarsi con il mondo, e infatti ci fermiamo vedendo uno strano casermone in mattoni rossi, con una ciminiera altissima.
Però è bellissimo, per cui scattiamo un paio di foto e decidiamo di provare a trovare da dormire all'albergo adiacente.
Guardando meglio il casermone, su una targa di marmo c'è scritto qualcosa tipo "Rothaus Nationalbrauerei".
Io mi convinco che e' decisamente il posto giusto in cui fermarsi, e rapidamente troviamo una gasthaus dove passare la notte.
Non prima di aver cenato al locale Biergarten, dove apprezziamo il prodotto locale.
Il giorno dopo scorre via rapidissimo, grazie a percorsi veloci ma mai rettilinei, con una menzione d'onore per la Schwarzwaldhochstrasse, un serpentone che si snoda per la foresta nera con un asfalto da circuito e pieghe pure da circuito.
I nomi dei paesi diventano una serie di bestemmie endecasillabe e assolutamente impronunciabili, ma dopo un veloce tratto di Francia rientriamo in Baviera dove Paolo mi segnala qualcosa con la mano sinistra.
Non ci capisco un beneamato cazzo, ma alla prima fermata mi spiega, con la classe innata degli emiliani, e alternando con gusto e misura bestemmie a semplici imprecazioni, che il termometro segna 41°. Per fortuna l'umidità è quasi del tutto assente, e senza collassare arriviamo a vedere i primi cartelli "Nurburgring", e il resto è tutta discesa: passiamo sotto il circuito e arriviamo nei pressi del Tiergarten, dove troviamo da dormire solo grazie all'interessamento di Patrizio, cameriere/gran visir dell'albergo ristorante Pistenklause. L'interno è tappezzato di foto, pezzi di auto, quadri e quant'altro, tutti ovviamente coperti di autografi e a soggetto unico. C'è anche un bel numero di Superwheels, che conferma l'idea di Paolo che sia il posto in cui era stato ambientato il primo, storico, Dietro le quinte. Mangiamo, ci flammiamo dal vivo quando inevitabilmente la discussione cade su moto, piloti, ecc. ecc. Nel dubbio, provvedo a scolarmi cinque pils, che qui sono piuttosto slavatine.
Il giorno successivo ci presentiamo al Ring.
Inutile dirlo, emozionati come due bambinetti. Con mani tremolanti facciamo i biglietti e dopo un'occhiata al ben di Dio che ci circonda, proviamo a entrare. Il cerbero all'ingresso ci indica che con i jeans restiamo fuori, aspetto quindi che Paolo faccia il suo giro.
Il maxiendurato torna dopo un quarto d'ora scarso, e aperto il casco ha la faccia di un tredicenne che ha appena scoperto la masturbazione.
I propositi iniziali erano di prendersela con molta calma e di girare sotto i 15 minuti, poi salta fuori che a spanne ci ha messo abbondantemente meno di 11 minuti per fare il giro.
Ascolto con lo stomaco chiuso i suoi delirii che parlano di una vecchia Mini che entra di traverso in tutte le curve, di una Dodge Viper colorata Fuji Film che lo ha annichilito e del tuffo fatto al Pflantzgarten o sa Dio dove urlando con tutto il fiato che aveva in corpo.
Io inizio a sudare freddo.
Entro subito in coda ad una Miata (c'era il raduno dell'MX-5 club di Colonia) che sembra sapere dove mettere le ruote. Appena scalda le gomme mi sparisce letteralmente dalla vista, mentre io continuo a ripetermi che sono su strada e non in pista, nonostante i cordoli da entrambe le parti. La paura pian piano svanisce e inizio a godermi il giro. Sto quasi iniziando a prendere un ritmo decente quando ad Adenau Forst vedo un polverone spaventoso, e dopo pochi secondi capisco il perché: quella S è stata progettata da un sadico psicolabile per spedire nella via di fuga chiunque si prenda un minimo di confidenza, come appunto l'Audi davanti a me.
Curva, altra curva, altra curva, e Karussell. Cazzo, me l'aspettavo più ampio. E cazzo, me l'aspettavo anche più libero: all'esterno c'è un trenino di auto d'epoca (ma di quelle vecchie davvero) che starà facendo si e no i venti all'ora. Rischio di perdere i denti saltellando sui lastroni di cemento, poi riapro il gas e mi tuffo nel toboga finale. Orgasmo allo stato puro, anche senza tirare coltello fra i denti.
A giro finito ho passato qualcuno e mi ha passato letteralmente di tutto, fra cui la famosa Viper che mi brutalizza letteralmente (e se non mi sposto a momenti mi passa sopra) all'Ex-Muhle e la BMW M5 del Ring-taxi che mi ha fatto davanti un'entrata di traverso da far invidia ad un rallysta in vena di gigionerie.
Ha ragione Paolo: non è una pista, è un Luna Park. Entrandoci con lo spirito giusto è una delle più belle esperienze che si possano fare. Basta però buttare lo sguardo alle vie di fuga e a certi tratti veloci per capire che non è affatto il caso di prendersi confidenze: qui gli errori si pagano carissimi.
Vincendo la tentazione di fare un altro giro cerchiamo perlomeno di salire sul famoso Ringtaxi BMW, ma la signorina ci spiega come sia straprenotato da giorni. E rosichiamo come poche volte nella vita.
Ma la prendiamo con filosofia: già oggi, tre giorni dopo, mi sono limitato a tirare un'innocente bestemmia pochi minuti dopo essermi alzato, quando mi è tornato in mente. Ma non ci possiamo fare niente, per cui ci rilassiamo, prendiamo l'agognato adesivo e ci mettiamo a girare per l'esterno del circuito a guardare, birra in mano e risata pronta.
Già che ci siamo pensiamo bene di condividere la nostra gioia (leggi: far rodere un po') gli amici a casa, con qualche telefonata.
La cosa impressionante è che ad ogni curva è pieno di pubblico di ogni età, dai due vecchietti con seggioline, frigobar e ombrellone alla famigliola con bambini. Anche dove, come ad Adenau, c'è da farsi una stradellina in salita di oltre due chilometri che stroncherebbe un mulo. E noi, ovviamente, non abbiamo nemmeno una bottiglia d'acqua, ma in compenso un po' di birra in corpo che ci aiuta a sudare un po' di più.
Alla sera, essendoci trovati benissimo, torniamo al Pistenklause, dove si mangia bene e io riesco a scolarmi sei pils, suscitando l'ammirazione di Paolo ("Sandro, sei una fogna" le parole esatte, ma forse il tono ammirato era una mia illusione dovuta alle sei pils, appunto) e garantendomi così una dormita reale.
Il giorno dopo si riparte, purtroppo, con lo stesso giro dell'andata.
Unica variazione: invece che in Francia, ci fermiamo a mangiare in un localino tedesco.
Pessima idea: non capiamo un accidente di quello che c'è sul menu, atrocemente orfano di parole quali Bratwurst, Pommes frites, Kartoffeln e via discorrendo. Tiriamo a caso dove vediamo scritto "Speck".
Ci viene servita una specie di piadina rinsecchita coperta di un locale clone del Philadelphia, punterellato di speck e letteralmente coperto di prezzemolo. La combinazione micidiale viene completata dal succo di mela misto ad acqua gasata che ci viene servito come bevanda causa tragica incomprensione.
Trangugiamo il tutto e ripartiamo, spinti dal pensiero che Schwartzwaldhochstrasse in fondo è vicina.
Ce la beviamo d'un fiato e la sera ripariamo nuovamente alla pensione Grabbi (quella vicino alla fabbrica di birra, guarda caso...) dove la signora ci accoglie con un "Di nuovo qui?" e la serata scorre fra bratwurst, patatine e cazziate dei camerieri perché non stiamo attenti a quando ci chiamano. Il tutto in un giardino freschissimo al quale mi dimentico ovviamente di fare una foto.
Ultimo giorno, percorso alternativo. Si sale per il Susten, ma invece del giro dell'andata deviamo per l'Oberalp e il Lucomagno. Già nella discesa inizia a venirci male per il caldo e soprattutto l'umidità. Al confine siamo letteralmente cucinati, e ci fermiamo subito dopo la dogana per bere qualcosa in un ristorante bar. Il cameriere sente i nostri discorsi sul caldo e si unisce alla discussione, deviando con una minaccia di tagliare le mani "a quelli", senza meglio specificare.
Io inizio a impallidire e ad aspettarmi una randellata sul cranio e un risveglio in stile Bruce Willis in Pulp Fiction, con davanti Zed e lo Storpio. L'equivoco si chiarisce in breve: il ceffo dietro al bancone ce l'ha con i piromani e ci augura anzi buon viaggio. See, mi aspettano 500 km di autostrada, fanculo.
Arriviamo al Somaglia e ci fermiamo per l'ultimo Gatorade e un saluto, e per l'ennesima volta ci si ripete come...
si debba ritornare. E comunque, far rodere nel frattempo tutti quelli che non c'erano.
Mi rimetto in marcia verso casa, dove arrivo giusto per una doccia, un boccone e il crollo repentino a letto.
Ma sto ancora ripensando a questo viaggio bellissimo fatto tutto di passi di montagna e statali.
3430 km in cinque giorni.
Ma chissà perché continuo sempre a pensare quasi solo a quei 21 percorsi domenica, fra cordoli e guard-rail...



644cc
00martedì 22 marzo 2011 21:28
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nirvana60
00mercoledì 23 marzo 2011 08:23
grazie Red del racconto coinvolgente come sempre...certo che provare a farlo con i dominator....una emozione davvero unica,credo che ci si divertirebbe,saluti!!! [SM=x653545]
Dommy 74
00mercoledì 23 marzo 2011 13:27
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