Biografia di un motociclista.

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claudio(50)
10sabato 25 aprile 2020 09:30
Negli anni delle scuole medie, avevo come compagno di banco un ragazzino che proveniva da una famiglia di motociclisti. E mi entusiasmava con le avventure del fratello che correva in motocross.
La passione della moto è nata in quel periodo(dai 10 ai 13 anni).
Un po' piu' grandicello, alle scuole superiori,ho legato molto con uno studente di circa 20 anni ,che aveva già fatto il servizio militare e poi aveva ripreso lo studio.Questo ragazzo,veniva a scuola in moto,praticava arti marziali a livello agonistico,aveva sempre attorno molte ragazze,per noi era un simbolo. La moto era stata trasformata da lui stesso in una custom,sicuramente una delle primissime.Non ricordo di quale marca,manubrio alto,serbatoio verniciato in blu elettrico con pallini bianchi.Nonostante la differenza d'età di 4/5 anni avevamo legato molto e ogni tanto,con la moto, mi portava a fare un giro sugli argini del Po e me la faceva provare.Nessuno di noi studenti normali(non fuori corso, per capirci) aveva la patente e quindi tornare a scuola e vantarsi con i compagni,era un motivo d'orgoglio, anzi libidine allo stato puro.Si acquisiva rispetto e anche invidia.In quegli anni di scuola superiore,matura l'idea di espletare il servizio militare in una scuola di Ufficiali o sottuficiali (naturalmente dopo concorso) questo perchè si percepiva uno stipendio che avrei destinato all'acquisto di una moto.
Finito il servizio militare da sottuficiale,passano 15 giorni e trovo lavoro. Penso:bene,si compra la moto.La cosa non era cosi' semplice,bisognava informare la famiglia,soprattutto bisognava avere il benestare del papà.Famiglia numerosa,oltre ai genitori eravamo in 4 fratelli e due sorelle paterne.Principi rigidissimi,non si poteva sgarrare,le regole erano regole.Dopo una settimana di pensieri,a tavola,davanti a tutti,con il cuore che faceva duemila battiti al minuto,annuncio che compro la moto.Apriti cielo!!!!!!!! Il papà mi dice che sono un figlio degenere,che sono matto,che lo faccio morire prima ecc,ecc. Naturalmente gli altri familiari tutti zitti,nessuno che prendesse le mie difese o comunque un accenno, anche solo velato, di approvazione. Vabbe' visto la reazione, accantono l'idea per tempi più favorevoli(che comunque sapevo non sarebbero mai arrivati)Passano tre mesi,poi un giorno mi alzo dal letto e decido, cosi' sui due piedi, di andare la mattina stessa a comprare la moto.
Dal concessionario altra storia. Volevo comprare una Ducati scrambler 350 o 450,volevo insomma una dual,ma il conce mi dice che essendo la mia prima moto,non era proprio adatta a me,l'avviamento a pedale era difficoltoso,e inoltre se non stavi attento,dopo la scalciata ,il contraccolpo mi avrebbe ,come minimo slogato una caviglia.Mi propone una Honda 350 bicilindrica,bella,leggera,con parafanghi cromati, un paramotore tutto cromato(che a me faceva schifo)

RD0201
00sabato 25 aprile 2020 10:04
Seguo, [SM=g27985]
Sarà l'età ma queste storie di vita vissuta mi intrigano...
Mi ricorda il mio primo amore motociclistico (mai realizzato...) una Kawasaki Z400 verde metallizzato vista nella vetrina di un mercatino dell'usato di quelli tanto in voga negli anni '80. [SM=x653544]
claudio(50)
00sabato 25 aprile 2020 10:15
Alla fine mi lascio convincere e la compro, mi metto d'accordo per il giorno del ritiro e torno a casa. Il giorno della consegna,durante il tragitto di ritorno a casa,penso come fare per avvisare il papà,sperando di non trovarlo a casa quando arrivo, e così avrei avuto il tempo di preparlo. .Arrivo in cascina(abitavo in campagna) e appena varco il portone d'ingresso,ecco che dalla porta di casa esce il papà.Frittata fatta. Allora non era obbligatorio il casco e quindi mi aveva riconosciuto subito. Si avvicina, senza proferir parola, gira attorno alla moto ,la osserva bene e poi esclama in modo burbero( in dialetto):Seee so propria cuntent,propria cuntent.(Si sono proprio contento,proprio contento) E se ne va nei campi. be' ragazzi ,ci credete? A tavola io ero al suo fianco e per un mese(dico un mese) non mi ha rivolto la parola.Se aveva qualcosa da dirmi,lo faceva per interposta persona,la mamma o i fratelli.
Poi un po' si è ammorbidito,ma che fatica!
Bisogna anche capire la mentalità del tempo, il papà era agricoltore, il lavoro nei campi ti isolava dalla società,non avevi tanti contatti con altre persone al di fuori del lavoro o degli scambi commerciali.(vendita dei prodotti e bestiame)
La cascina era una piccola comunità,dove un problema o la gioia di uno, era condiviso da tutti. Famiglie patriarcali ,praticamente impossibile ribattere un'opinione.
lavoravo in fabbrica ,finito il lavoro tornavo nei campi (facevo i turni) Ho vissuto tutti gli anni della contestazione della rivoluzione industriale ,degli scioperi, del terrorismo,(brigate rosse)In fabbrica crescevo come lavoratore ma anche come mentalità.Vedevi altre realtà.Ti aprivi. Quindi la moto era una trasgressione e sebbene comprata con i miei soldini,non veniva tollerata l'idea di togliere una forza lavoro dai campi,ma soprattutto non veniva tollerata la non ubbidienza.
franktmaxgs
00sabato 25 aprile 2020 12:44
bravo Claudio racconto bellissimo [SM=g7831] [SM=x653531]
orKo555
00sabato 25 aprile 2020 14:34
Ti seguo Claudio👍
MATTEO.55
00sabato 25 aprile 2020 15:48
Be, chi la dura la vince, per chi ha la moto dentro. Sono contento che ci sei riuscito, bravo. [SM=g28002] [SM=g27987]
claudio(50)
10sabato 25 aprile 2020 16:51
Ricordi della vita in cascina.
Non avevamo niente,ma proprio niente ,non c'era la televisione, il telefono,chi possedeva una bicicletta era un ricco.Giocattoli? e cos' erano? Eppure eravamo felici,spensierati,liberi.I giocattoli ce li costruivamo,ricordo gli archetti fatti con le stecche degli ombrelli,le frecce fatte con le "arelle"(cannette di una specie di bambù).Con quegli archi si andava nei fossati a caccia di rane.Le arrampicate sugli alberi a controllare i nidi e le covate. Ci costruivamo le fionde con dei rami biforcuti,gli elastici erano ricavati dalle camere d'aria delle bici.In inverno nei fossati ghiacciati si andava a "liscare" in pratica a scivolare. Alla sera si prendeva un secchio d'acqua e lo si gettava nei fossi gia' ghiacciati per rendere la superficie ancora più liscia e il giorno dopo a liscare, fare gara a chi arrivava più lontano.Questo gioco era la disperazione delle nostre mamme perche' usavamo le scarpe da ginnastica ,estive, con suola liscia.Le famose scarpe Superga.Strage di scarpe.Con i tempi che correvano si aveva solo due paia di scarpe :le estive e gli scarponcini invernali.Quelle invernali per liscare ,non andavano bene perche' avevano la suola tassellata.
Si giocava ore e ore nella neve con le mani ghiacciate,rosse che facevano un male da morire,ma non si mollava mai.Si rientrava a scaldarsi al fuoco del camino o della cucina (rigorosamente alimentata a legna) D'estate si faceva la guerra con le cerbottane,anche queste fatte in casa. Le frecce erano costruite arrotolando a cono le cartoline illustrate,belle rigide e consistenti che non si rompevano quasi mai.Si correva nei campi a piedi nudi,avevamo le piante dei piedi talmente spesse, che si riusciva a camminare nei campi di stoppie senza avvertire dolore.
Capitolo scuola
le nostre mamme volevano che fossimo sempre in ordine,la scuola era una cosa importante.Era il primo approccio alle istituzioni.Prima di uscire di casa controllo scrupoloso:scarpe pulite,grembiule stirato,capelli pettinati,cartella con quaderni a righe e a quadretti,pennino,inchiostro, matite colorate, gomma e temperino.Dalla cascina a scuola c'erano circa due kilometri da percorrere a piedi su strada sterrata , d'inverno o autunno era un problema arrivare con le scarpe pulite,Prima di entrare in classe si cercava di pulire le scarpe alla bell'e meglio con erba o con la neve.Ricordo che un giorno trasgredendo agli ordini, andai a scuola con gli stivaletti di gomma che si usavano in cascina. La maestra si accorse e mando' a chiamare la mamma. Vi immaginate che figura di m...davanti a tutti. Beh,allora era cosi'.Non parliamo poi delle marachelle in classe.Se venivi redarguito dalle maestre,tornavi a casa ,muto,non si diceva niente alla mamma,anzi se scappava qualcosa ,prendevi anche il resto.
A volte quando nevicava molto, a scuola ci portavano con la slitta e i cavalli.Era una festa,altro che le giostre!!!.La slitta veniva"equipaggiata" con alcune balle di paglia(allora erano di sezione quadrata) che facevano da sedili.Ci si accomodava ,venivamo coperti con il tabarro(mantello nero tipico dei contadini),attacco dei cavalli e viaaaaa. il bello era che non percorrevi le strade,ma andavi attraverso i campi,saltavi i fossati,la neve attutiva i dislivelli.Che divertimento,e poi davanti agli altri bambini della scuola che arrivavano dal paese.
Cose semplici,divertimenti sani ,c'era un rispetto per tutto e tutti,
I campi venivano lavorati bene,la terra non veniva sfruttata,si coltivava a rotazione e cioè nello stesso campo per un periodo di circa 3 anni si coltivava prato,poi frumento,poi mais , rispettava il ciclo delle stagioni,la terra bagnata non si lavorava( proverbio:terra bagnata,terra malata) Non si usavano i concimi e diserbanti,i campi di grano erano pieni di papaveri e di camomilla.Già allora si praticava la raccolta differenziata.Le bottiglie di vetro venivano restituite con un piccolo rimborso,le lattine tipo tonno o conserve varie, venivano raccolte in un cesto di legno e poi sotterrate in un luogo dedicato. Pochissima, praticamente inesistente, la plastica, si usavano sacchi di juta.
Non c'era bisogno di tante parole,l'esempio era una scuola.
In una parola :rispetto della madre terra
Capitolo stalla.
Avevamo allevamento di mucche da latte e manze(mucche che non avevano ancora partorito).Il latte veniva munto tutto a mano,la pulizia dei secchi e dei bidoni (in alluminio) era rigorosa.I bambini venivano tenuti a debita distanza durante il travaso dai secchi di mungitura ai bidoni di raccolta. Una semplice ,piccola briciola di pane avariava il latte.
Mio papà diceva sempre che bisogna avere rispetto per le persone ,anche quelle che fanno i lavori più umili. Un esempio ricorrente: se non ci fosse il mungitore,come fai ad avere il latte? Portava questo esempio perchè il lavoro in stalla,per chi non lo conosceva, era considerato un lavoro umile,infimo,puzzolente,quindi di seconda o terza serie.
Quando c'era la monta,noi bambini della cascina venivamo raggruppati e allontanati dalla stalla,le donne cercavano di farci fare giochi alternativi per distrarci.Ma si sa come sono i bambini,qualcuno scappava e si nascondeva per vedere cosa succedeva.Ricordo che quando il toro veniva accompagnato nei pressi della mucca, cominciava a fremere ,a saltare con una forza incredibile che seppure fosse trattenuto da due contadini,con una corda che passava attraverso un anello nel naso ,riusciva a liberarsi e "assaltare" la mucca"
A circa 20 anni,una sera a mezzanotte tornando dalla discoteca,vedo le luci accese in stalla.Penso :strano,di solito il mungitore comincia alle tre. Parcheggio la macchina , mi si avvicina il capostalla dicendomi che ha bisogno di un aiuto per un parto. MI cambio gli abiti,entro in stalla e mi si presenta il problema.La mucca coricata sul fianco,sofferente,faticava a respirare, aveva l'utero attorcigliato e non poteva partorire. Il capostalla indossò dei guanti di plastica (tipo quelli per la frutta del supermercato)molto lunghi,fino alla spalla, introduce le mani nella vagina e prende le zampe del vitello.Poi mi istruisce.Claudio,prendi la testa per le corna e piegala in modo tale che la mucca sia costretta a girarsi per la posizione scomoda.Eseguo,la mucca si gira, io prendo di nuovo la testa e la costringo a ruotare e cosi via fino a quando l'utero è libero.L'animale aumenta le contrazioni, pian piano compare la testa del vitello e finalmente partorisce.Il vitello non respira,il capostalla gli apre la bocca e toglie il grumo(in dialetto "la rana") che ostruisce la gola,un po' d'acqua nelle orecchie del vitello e anche lui si riprende.Poi assistenza alla mucca per togliere parte della placenta che era rimasta nel corpo.
Che dire? Esperienza in un certo senso traumatizzante,era la prima volta che vedevo un parto , poi cosi' difficile.
Non ho dormito per 3 giorni,il sangue,la placenta,la sofferenza, beh non è uno spettacolo piacevole. Poi è anche vero che ci si abitua a tutto.
Alla prossima.
frankynator
10sabato 25 aprile 2020 17:23
ciao Claudio,bei racconti che su alcune cose mi riportano alla mia infanzia... [SM=g28002] [SM=g28002] [SM=g28002]
Nirvana-60
00sabato 25 aprile 2020 20:05
...un bel racconto...grazie di averlo condiviso con noi...
Andrea.Stella1954
00sabato 25 aprile 2020 20:19
Bravo Claudio!
michelangelo59
00sabato 25 aprile 2020 23:05
Sono affascinato da questi racconti di vita. Ci vedo tanti punti in comune con il vissuto di giovani attempati come me...
Bravo, seguo con interesse.
MATTEO.55
00domenica 26 aprile 2020 15:38
Accidenti altro che vita campestre! Questa è vita e basta! Bravo! [SM=g28002] [SM=g27987]
admo
00domenica 26 aprile 2020 18:53
Grazie Claudio
sono dei bellissimi spaccati di vita,
la vita da cascina rispecchia molte cose dei racconti dei miei genitori
ilkuke
00domenica 26 aprile 2020 21:11
[SM=x653535] Sono interessato dal tuo racconto. Un po' di sana campagna l'ho vissuta anche io ma non come te.

Grazie per aver condiviso.
claudio(50)
00lunedì 27 aprile 2020 11:02
Dalle vostre risposte vedo che l'argomento vi piace. Che ne dite,continuo? Voglio sentire un si...anzi un coro di siiiii. Bene, preparatevi con pop corn e birra,o meglio, panino col salame e un buon bicchiere di lambrusco.
Ieri era Domenica e non ho pubblicato post.
Eh,si,come da tradizione contadina,bisogna santificare le feste.!!!

La "mia" cascina era una costruzione tipica dell'architettura rurale del cremonese.Pianta a sezione rettangolare, corte chiusa. Il cortile interno in terra battuta,aveva dimensioni piu' o meno come un campo di calcio.Due ingressi con relativi portoni in legno che si chiudevano con dei catenacci grossissimi, per chiuderli ci voleva una forza notevole(tipo Arnold Schwarzenegger). Su un lato corto c'era la casa padronale.Di fronte,alla fine del cortile un porticato adibito a ricovero attrezzi e fienile.
Una parte del cortile aveva il pavimento in cemento(denominata aia)Sul lato sinstro della cascina,c'era una chiesetta con piccola torre e campana,due abitazioni per gli addetti alla stalla, la stalla delle mucche e separata,quella dei cavalli e dei buoi(si,proprio i buoi)Davanti alle stalle, il porticato.Sopra le stalle,i fienili. Lato destro: le abitazioni dei contadini,+ vari barchessali tutti contigui ,adibiti a pollai e ricovero dei maiali.
A circa a metà del cortile,non proprio in centro,ma leggermente spostato di lato c'era un platano con un tronco notevole.Due persone adulte lo abbracciavano a malapena.In estate con giornate molto afose,l'ombra di questo platano, era molto apprezzata.
La cascina era "moderna" aveva già la luce elettrica,il pozzo dell'acqua.Alcune case dei contadini avevano i pavimenti a mattoni,altre, invece ancora in terra battuta.
Altre cascine non avevano le nostre comodita',la luce elettrica non esisteva,si usavano candele o lampade a petrolio

la casa padronale era disposta su tre piani,1°, 2° e soffitta.Disponeva di 4 locali al primo piano,altrettanto al piano superiore + due dependance(chiamiamole cosi)Muri spessi 40cm ,travi dei pavimenti e dei soffitti tutti in legno e a vista,i tetti in tegole.Il tetto della casa padronale aveva un'inclinazione abbastanza accentuata e quando cominciava a sciogliersi la neve(allora ne cadeva tanta anche 60 cm per volta) ,le tegole si spostavano verso il basso e a volte cadevano.Ogni due ,tre anni i tetti andavano ripristinati.
Si entrava in casa con un gradino,il primo locale( il salone) a cui si accedeva aveva una superficie di 35/40 metri ,alto circa 4,50 metri(In pratica un momolocale moderno ah,ah,ah).In questo locale noi bambini facevamo le corse in bici attorno al tavolo,oppure per variare un po',si giocava al pallone.Vi immaginate quanti vetri rotti?
ilkuke
00lunedì 27 aprile 2020 12:20
Se devi continuare per me è un SI sottoscritto e certificato [SM=g28002] .

Hai narrato di aspetti di vita quotidiana della tua giovinezza cui, oggi, alcuni giovincelli farebbero fatica a credere; mentre per altri, quelli più "acculturati", "smaliziati"; "internet_dipendenti", "blogger"; "influecer"; "neo_liberal_giuristi" ci sarebbe addirittura la palese violazione dei più fondamentali diritti della persona [SM=g27992] concetto implementato, sinteticamente [e ignorantemente (nel senso etimologico del termine)] dal fatto che, per fortuna, esiste il progresso che ci evita certe cose [SM=g27992] .

Quasi nessuno di costoro scaverebbe più a fondo nei tuoi ricordi scoprendo la nostalgia che da essi traspare e, volgendo lo sguardo al passato, la felicità e la fierezza di averli vissuti, con l'attuale consapevolezza che oggi fanno parte del prezioso ed apprezzabile bagaglio di esperienze della tua persona.

Dacce dentro che ti leggo volentieri [SM=x653535] .

Ciao
valyy
00lunedì 27 aprile 2020 12:58
Anche per me è un SIIIIIIII.

Dalle mie parti le cose sono state come le descrivi tu.

Vai pure avanti spedito [SM=g28002] .


Valentino
DINO.B
00lunedì 27 aprile 2020 14:34
certissimamente SI
Fabiopk50
00lunedì 27 aprile 2020 15:12
Ciao Claudio,
anche per me procedi pure.
Non ho vissuto questa esperienza essendo "giovane" e di città; mi appassiono a queste storie di vita vissuta (probabilmente influisce il fatto di aver avuto i nonni molto lontani da casa).
Purtroppo quello che non puoi fare nel tuo racconto è.... il trasferimento degli odori!
[SM=g28002] [SM=x653535]

franktmaxgs
00lunedì 27 aprile 2020 15:24
ciao claudio continuo a seguire con molto piacere le tue avventure fatte da ragazzo [SM=x653531]
claudio(50)
00lunedì 27 aprile 2020 16:49
La vita in cascina era uno spaccato di comunità autosufficiente.
I ruoli erano ben definiti,gli uomini nei campi e le donne ad accudire i figli e la casa e molto spesso anche l'orto.
l'orto e gli animali da cortile fornivano tutto il necessario per l'alimentazione umana.
Si costruiva e si riparava,tutto.Si costruivano manici in legno ,di tutti gli attrezzi dei contadini,scope di saggina,scale a pioli,botti per il vino. La costruzione dei carri e riparazione delle ruote era una tecnica di ingegneria contadina.I carri erano costruiti tutti in legno, compreso ruote a raggi e mozzi.I vari componenti venivano assemblati ad incastro, senza l'ombra di un chiodo.L'assale anteriore era dotato di una ralla che permetteva di ruotare il timone.Anche la costruzioni delle botti da vino era uno spettacolo. Si utilizzavano delle assi (doghe) in legno di rovere. venivano bagnate e poi con un sistema di pesi e contrappesi venivano curvate.Ottenuta la curva desiderata,nei pressi,non troppo vicino,si accendeva un fuoco che asciugava la legna e manteneva cosi'la curvatura.Altro spettacolo era vedere la manualità e la destrezza dell'affilatura delle falci per tagliare l'erba.Si utilizzava una specie di chiodo a sezione quadra con una testa abbastanza grossa da poter appoggiare la falce. Sotto la testa del chiodo venivano applicati dei riccioli di metallo e legati con filo di ferro. Il chiodo veniva conficcato a martellate in un ceppo di legno fino ad arrivare ai riccioli che facevano da fermo. Il contadino sedeva su uno sgabello , appoggiava la falce sulla testa del chiodo e martellava il bordo tagliente della falce per renderlo affilato.Durante lo sfalcio nei campi,non si tornava in cascina ad affilare la falce,il contadino aveva legato al corpo, un corno di bue o mucca che conteneva la pietra per le successive leggere affilature.
L'aratura nei campi era un lavoro pesantissimo sia per gli uomini che per gli animali.L'attrezzo doveva essere premuto con forza nel terreno .Ricordo vagamente l'utilizzo dei buoi(animali spettacolari,calmi,lenti ,docili, con una forza superiore a quella dei cavalli).Ricordo bene, invece l'utilizzo dei cavalli.Erano cavalli da lavoro,un po' tozzi,zampe e zoccoli possenti. L'aratro era costruita su telai in legno ad un solo vomero fisso ,non ruotabile o reversibile come quelli odierni.Il vomero era in acciaio,ma ricordo anche quelli in legno.La tecnica di aratura era completamente diversa.Si procedeva partendo dal centro del campo. I primi due solchi venivano tracciati nel mezzo del campo. Con questa operazione si tracciava un doppio solco rivoltando il terreno verso i lati del campo. L'aratura vera e propria iniziava al terzo passaggio: da quel momento in poi si rivoltavano sempre le" fette" verso il centro del campo, procedendo su un lato in andata e sul lato opposto al ritorno. Alla fine del lavoro restavano due solchi ai lati esterni del campo.Spero abbiate capito, e' un po' difficile da spiegare.Bisognerebbe vederla.Si chiama aratura a colmare.
La semina del frumento,dei prati,sia per il foraggio che per il fieno, era a spaglio cioè manuale.Il contadino utilizzava una cassetta in legno con un manico ( la cavagna) ,che si portava sul braccio e conteneva la semente. Con l'altra mano prendeva una manciata di semente e ruotando il braccio la spargeva sul terreno camminando,poi prendeva un'altra manciata e cosi via,sempre camminando.Operazione non facile,doveva esserci coordinazione tra l'avanzamento del passo e la velocità di distrubuzione (lo spaglio).Alla tornata successiva dovevi essere in grado di capire a che distanza avevi sparso la semente,non si doveva sovrapporre e non si dovevano lasciare spazi vuoti. Con questo sistema si utilizzava tutto lo spazio utile del campo.Io non ho mai imparato.. La semina del granoturco era diversa.Il granoturco essendo una pianta ad alto fusto,ha bisogno di spazio per la crescita e quindi i semi vengono immessi nel terreno in fila indiana a circa una distanza di 20 cm l'uno dall'altro e le file distanziate di circa 40cm. La semina era effettuata con un specie di carriuola che aveva un serbatoio che conteneva il grano,alla ruota c'era applicata una trasmissione a catena che con la rotazione apriva uno sportellino e il grano scendeva nel terreno.La ruota era a pale(simile a quella dei mulini)Con la rotazione smuoveva un po' di terra che andava a coprire il seme.
I nostri contadini :scarpe grosse,cervello fine
Quando le piantine di grano avevano un'altezza di circa 10 cm si andava a zappare il terreno per due funzioni principali,togliere le erbe infestanti e arieggiare il terreno.Le radici nel terreno smosso,non compattato,penetravano piu' facilmente.La zappatura veniva effettuata un paio di volte. Quando poi si formava la pannocchia ed era quasi a maturazione ,veniva scartocciata,sfogliata,(operazione che si faceva nel campo) Poi avveniva la raccolta ,si entrava nel campo e pianta per pianta si toglieva la pannocchia che veniva raccolta in cesti di vimini(el cavagn) e che si scaricavano sul carro che seguiva. La sgranatura avveniva in cascina con le macchine.
Con tutto questo lavoro manuale,si sviluppava la cultura del non buttare via niente.
Un allevamento particolare era il baco da seta.
Si compravano i bruchi,che erano dei vermetti piccolissimi due tre millimetri praticamente dei puntini bianchi. In cascina c'erano delle camere dedicate per questo allevamento .Le finestre venivano oscurate,si lasciava penetrare pochissima luce .I bruchi venivano adagiati su dei piani (tipo letti a castello) la distanza tra un piano e l'altro era di circa mezzo metro. L'alimentazione era costituita in foglie di gelso.Quando i bruchi erano ancora molto piccoli,le foglie dei gelsi venivano tagliate/ sminuzzate da un attrezzo specifico tipo ghigliottina. L'operazione di taglio delle foglie era compito di noi bambini.Mamma mia, quante foglie ho raccolto sulle piante e quante ne ho tagliate!! I bachi poi crescevano ,diventavano dei bei vermicelli, quando mangiavano,si sentiva una specie di ronzio.Il baco poi, si costruiva attorno a sè una specie di nido,il bozzolo. Durante la costruzione del bozzolo ,il baco ergeva la testa in alto ed emetteva dalla bocca un filo sottilissimo di seta che si vedeva solo se ci si metteva in controluce.I bachi si chiudevano nel bozzolo e con molta delicatezza ,non bisognava schiacciarli,venivano prelevati consegnati in un centro di raccolta e quindi venduti.
P.S adesso basta,sono stanco,ho finito il panino e il bicchiere di lambrusco.
Tullio52
00lunedì 27 aprile 2020 20:40
Ciao Claudio,bellissimo racconto,mi hai fatto rivivere la vita di cascina di quando ero bambino.
Tullio52
00lunedì 27 aprile 2020 20:43
Ciao Claudio, bellissimo racconto, mi hai fatto rivivere la vita di cascina di quando ero bambino.
CIRODOMINATOR
00lunedì 27 aprile 2020 22:39
Ecco Roccia 🤠
in azione,ho letto solo il primo post,leggerò con calma il resto.
mr wood
00martedì 28 aprile 2020 05:42
Grande Claudio [SM=x653535]
Mentre leggo i tuoi racconti sembra di sentire la tua voce.. ti immagino qua, vicino a me.. Con le nostre moto accanto parcheggiate e sonnecchianti.. sorseggiando un boccale di birra ghiacciata, felici che anche questa volta siamo riusciti ad incontrarci..
Grazie di cuore.
Continua a scrivere.. [SM=g28002]
claudio(50)
00martedì 28 aprile 2020 11:05
La stalla aveva molta importanza nell'economia dell'azienda agricola.Il latte veniva consegnato alla latteria, che tutti mesi pagava un acconto.Si conferiva quindi il salario ai dipendenti.La scelta del capostalla era fondamentale,doveva avere passione per gli animali,essere in grado di fare le piccole medicazioni,far nascere i vitelli,la mungitura. Il latte doveva essere munto fino all'ultima goccia,se si lasciavano dei residui nelle mammelle,queste poi si ammalavano(mastite)Un parto con un vitello morto,era una bella perdita.
I cavalli ,le mucche ,i buoi sono animali ruminanti e cioè masticano l'erba un po' grossolanamente e la inghiottono,poi dallo stomaco con un rigurgito la fanno ritornare in bocca e la masticano di nuovo con piu'accuratezza.Ecco perchè questi animali sembrano siano sempre affamati,hanno le mascelle sempre in movimento!!!Apro una parentesi quando a scuola masticavamo i chewing gum, la maestra ci diceva
che eravamo dei ruminanti.
A volte capitava che le mucche ingurgitassero troppo (raramente i cavalli)e non riuscissero a digerire.Allora il capostalla, preparava un intruglio,ma proprio un intruglio, composto da un panetto di un kilo di lievito di birra ,sciolto nel vino caldo e lo faceva bere all'animale con una bottiglia di vetro(modalità biberon)Quando faceva effetto,l'animale emetteva un ruttino,va beh,chiamiamolo ruttino, cosi possente che lo spostamento d'aria faceva tremare i vetri della stalla.Beh, ho esagerato un po',ma è per rendere l'idea.Insomma una vera bomba,altro che digestivo tipo alka selzter ec.ecc.
Le mucche venivano abbeverate 2 volte al giorno togliendole dalla stalla e accompagnate sotto il portico dove c'era un abbeveratoio,L'acqua veniva immessa nell'abbeveratoio con una pompa manuale che pescava dal pozzo.Eh ragazzi è da li che ho imparato a pompare...La pompa funzionava a depressione e bisognava avere l'avvertenza di non svuotare il piccolo serbatoio annesso ,altrimenti i tubi si svuotavano e non facendo piu' depressione la pompa non pescava,o meglio,pescava aria.Quanto tribolare ,a ripristinare quella maledetta pompa .Con i contadini ci si dava il cambio,quanta acqua ho pompato.Poi finalmente è stato montato un motorino elettrico e successivamente installate le bacinelle per ogni postazione delle mucche.
Il raccolto del frumento avviene in giugno ,il mais in settembre.Erano conferiti al consorzio agrario in conto vendita ,si aspettava che il prezzo aumentasse e poi venivano venduti.Piu' ci si allontanava dalla data del raccolto e più il prezzo aumentava( è ancora cosi).Indicativamente il frumento era pagato prima di Natale,mentre il granoturco,la primavera dell'anno successivo.Quindi per far fronte alle spese fisse,non si poteva aspettare la vendita dei cereali,da qui l'importanza di avere una stalla efficiente.
Una particolare coltivazione era la coltura del granoturco da seme.
Si seminava una fila di semi maschi e tre file di femmine.Con l'azione del vento il polline emesso dai maschi feconda le femmine, Nel limite del possibile si cercava di avere il campo lontano da altre coltivazioni di mais non da seme ,nel caso capitasse che fossero confinanti,per evitare/limitare la contaminazione ,i lati dei campi avevano un barriera di tre file di maschi.A fecondazione avvenuta,si effettuava il taglio dei maschi,le femmine venivano cimate(Taglio delle "chiome" appena sopra la pannocchia).Il lavoro era tutto manuale,forse il peggiore in assoluto.Le foglie del granoturco sono ricoperte da una polverina che a contatto della pelle,provoca un prurito insopportabile.Bisognava coprirsi bene con camice a maniche lunghe e fazzolletti al collo per lasciare scoperta la pelle il meno possibile.La cimatura si eseguiva fine luglio inizi agosto,con un clima molto caldo e molto afoso.Potete immaginare che tortura.(La cimatura veniva eseguita anche dalle donne).Si raccoglievano le cime con le forche e col manico della forca appoggiato sulla spalla venivano portate ai margini dei campi(le capezzagne) dove c'era il carro ad aspettare.
In quell'occasioni per alleviare un poco le fatiche,era tradizione portare da bere ai lavoratori nei campi.Le bevande erano bottiglie di acqua e bottiglioni di vino,quasi sempre lambrusco.C'era un lavoratore che gradiva particolarmente,il vino(Bel bon,bel fresch ,bel brusch-- bello buono, bello fresco, bello brusco) e quando arrivava il rifornimento,mi diceva con un po' di malizia: grazie Claudio,mi hai salvato e ricordati che l'acqua fa arrugginire i pali!!
brown55
01martedì 28 aprile 2020 13:51
🖕🖕🖕 Bravo Claudio, dei bellissimi racconti che mi fanno tornare ai tempi della mia infanzia, quando finite le scuole andavo a trascorrere parte dei mesi estivi dagli zii nella bassa bresciana e vivevo un pò di queste cose, che ricordo ancora con nostalgia.
Grazie e continua pure finchè vorrai.

Ciao 🙂.

claudio(50)
00martedì 28 aprile 2020 16:10
Tra gli animali da cortile un posto speciale merita il gallo.Ne ricordo uno in particolare dal piumaggio bellissimo.La coda rialzata un po' verso l'alto, aveva le piume tutte nere,il corpo di un colore rosso bruno,tendente al marrone e sul collo un anello colore chiaro. Quell'anello di colore chiaro era rarissimo trovarlo nei galli.Era indiscutibilmente il re del pollaio.Camminava con un portamento altezzoso,girava la testa da una parte all'altra con grazia ed eleganza.L'atteggiamento era proprio di chi comanda.Si posizionava sempre sul trespolo più alto, eh,si doveva avere sempre il contollo della situazione.Era anche molto aggressivo,non potevi avvicinarlo facilmente,ti veniva incontro e ti beccava.E cavolo come faceva male.Aveva il caratteristico canto :chicchirichi cosi' forte che all'alba svegliava tutti. Da bambino ,mi era decisamente antipatico,lo preferivo in pentola.
IL pollame,era rinchiuso in un recinto, a volte veniva lasciato libero di razzolare nei campi.Quando in cielo si avvicinavano gli uccelli predatori,falchetti e poiane, la chioccia emetteva un richiamo particolare di pericolo.I pulcini correvano incontro alla chioccia che con le ali aperte era già pronta ad accoglierli,chiudeva le ali e si accovacciava.I pulcini nascosti e ben protetti non erano più una preda così facile.La chioccia assumeva un atteggiamento difensivo e il predatore difficilmente si avvicinava,aveva il suo bel daffare a contrastare la chioccia.Tutto questo avveniva in tempi brevissimi perche'il falco veniva giù in picchiata, velocissimo. A volte capitava che , un pulcino non facesse in tempo a raggiungere la chioccia, era ghermito dalle zampe che sfioravano il terreno e di nuovo il falco si allontanava con la preda. Allontanatosi il falco,la chioccia emetteva un "verso" diverso dal precedente, era il segnale di terminato pericolo.Allargava le ali e i pulcini erano liberi,ma erano ancora timorosi e non si allontanavano troppo dalla chioccia.
I galletti maschi,venivano castrati per essere destinati in animali da ingrasso ,i cosidetti capponi.L'operazione "chirurgica" era affidata ad una zia paterna.Infilava nell'ano una punta delle forbici,tagliava la pancia, e toglieva gli organi riproduttivi,poi con ago e filo cuciva la ferita.Naturalmente tutto senza anestesia. A volte l'operazione non andava a buon fine e i galletti morivano.Destinazione : pentola.Poveri galletti, per qualche giorno camminavano impacciati,doloranti,poi pian piano si riprendevano. Suscitavano compassione, a volte piangevo.
Per il pranzo di Natale ,si portava in tavola la carne delle oche.Circa un mese prima,la zia sceglieva l'animale da sacrificare ,veniva separato dalle altre oche e lo sia alimentava in modo piu' intenso.Di giorno veniva alimentato con un pastone composto da erbe e farina gialla di mais.Alla sera :alimentazione forzata.(Come nei migliori motori da formula 1)Le operazioni si svolgevano in casa,davanti al camino acceso.Si preparavano fette di polenta e una ciottola di latte.Si riduceva la polenta a bocconi ,li si intingeva nel latte per ammorbidirli e forzatamente si introducevano nel becco della oche spingendolo con le dita fino in gola.Per favorire la deglutizione,si accompagnava il boccone facendo dei massaggi sul collo dell'animale.
Noi bambini eravamo incantati e seguivamo con molto interesse.
Una sera la zia forse,stanca o forse non in giornata introduce in gola una fetta intera di polenta.L'animale fa una fatica enorme ad inghiottirla pero' passa. Noi bambini in coro :"zia,zia guarda che le fette sono troppo grosse" , e la zia ribatte.",voi non capite niente,è una vita che faccio questo ,cosa volete saperne voi"
Altra fetta in gola e l'animale purtroppo non riesce ad inghiottirla,il boccone non va giu' ma nemmeno su.Pian pianino l'animale si accascia,fa fatica a respirare,si soffoca, muore. Oggi ripensando all'episodio mi viene da ridere,ma, allora sul volto di noi bambini si leggeva una notevole disperazione.
RD0201
00martedì 28 aprile 2020 16:36
Seguo con interesse... [SM=x653535]
Aspettando di leggere del momento in cui hai imparato a cambiare le camere d'aria per strada [SM=x653547] [SM=x653545]
claudio(50)
00martedì 28 aprile 2020 17:06
Hai ragione Matteo,mi sono lasciato prendere e ho divagato molto.Finisco la descrizione della vita rurale e poi riprendo l'argomento motociclistico. Descrivero' con dovizia di particolari la scuola di smontaggio gomme e riparazione camere d'aria.
Abbi pazienza ,eh diamine.🤬🤬🤬
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