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E se fossero rimasi a casa? [OT]

Ultimo Aggiornamento: 20/09/2009 15:57
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17/09/2009 23:34

Re:
mattiapz, 17/09/2009 23.16:

Sei matto ?

Non si usa più da 1975 obiettare che se uno Stato non è in guerra non si capisce perchè il suo esercito in armi si trovi stanziato a qualche migliaio di chilometri.


Art. 11

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;


Infatti dal 1975 non si chiamano "guerre" ma "missioni di pace"
Geniale vero?
I bombardati mi assicurano che la differenza non si sente.




vi giungano i miei più cordiali saluti da questi luoghi pieni di storia, ma che la pochezza dell’uomo rende infelici…

Ho scelto questa frase nell’ultima lettera del Brigadiere Giuseppe Coletta, morto il 12 novembre 2003 a Nassiriya,
Ricordo che allora cercai di capire il perchè di tale violenza ai danni di uomini che avevano dedicato mesi della loro vita compiendo, coraggiosamente, il proprio dovere di professionisti in missione all’estero, ma non trovai alcuna spiegazione: come fare, altrimenti?
Quello che resta è solo il ricordo di uno sforzo - "una goccia nell’oceano" - che noi, italiani, e non so se anche gli iracheni di Nassiriya, conserveremo per sempre nella nostra memoria, a suggello di un sacrificio che alla fine dei conti, così ci piace credere, non è stato del tutto inutile.
C’è una domanda cui in tanti abbiamo rinviato giorno dietro giorno la risposta:
Vorrei che la guerra in Iraq non fosse avvenuta?
Volevo che non avvenisse: con la riserva di cercare un modo diverso per abbattere la tirannia di Saddam. E’ avvenuta.
La Prima Guerra mondiale, e la Seconda Guerra mondiale, avvennero, siano maledette – siano onorati i loro leali e infelici combattenti.
Ma a questa domanda non voglio rispondere. Non voglio pronunciare una risposta che rimetta sul suo trono Saddam Husseyn e ricopra le fosse comuni. Ma neanche una risposta che accetti come un costo necessario i morti di ieri, di oggi e di domani.
Risponderei come occorre –sì sì, no no- quando l’Iraq fosse davvero avviato alla libertà e alla democrazia, o quando l’Iraq fosse consegnato a una guerra civile e una teocrazia e le sue donne ridotte in cattività.
Fino ad allora, bisogna misurarsi con quello che succede in Iraq e Afghanistan.
Si può chiamare “resistenza” l’insieme delle attività condotte contro i militari e i civili americani e inglesi e polacchi e italiani inviati per mandato della Nazioni Unite (civili annessi)e la Croce Rossa? Certo: a condizione di rinunciare all’aura nobile che fa splendere quella parola ai nostri occhi.
Chiamare resistenza il terrorismo suicida mi sembra indegno.
Questa volta qualcuno ha premeditato ed eseguito un attentato avendo il mucchio di militari italiani per bersaglio, chi ha fatto questo –oltre allo sciagurato attentatore che si è guadagnato il paradiso- è esattamente il nostro nemico.
Questo qualcuno, in qualunque classifica politica di responsabilità si compili rispetto alla situazione di oggi, si riservi un posto speciale, in cima, agli assassini.
Loro sono il nostro nemico.

Ecco, queste le cose da dire.
Se le avessi trattenute dentro, sarebbero rimaste più complicate ed esitanti.
Bisognava dirle seccamente.
Mentre alla domanda :
cosa ci facciamo là..
potrei trovare molte risposte, alcune discutibili altre no..
Una cosa che mi viene da scrivere o meglio da raccontare è quanto mi accadde 30 anni or sono, non ero mai stato così lontano da casa.
Mai militari Italiani erano andati a portare serenità a profughi cosí lontano.
Parlo di una delle tante missioni semi-dimenticate delle Forze Armate italiane.
Nel 1979, una squadra navale rischierata a 6.500 miglia dalle basi di partenza, si concluse con il salvataggio di quasi mille boat people vietnamiti abbandonati alla deriva nel Mar della Cina Meridionale.
L’anno seguente sarebbe toccato alla AMI , stavolta sotto le insegne della Croce Rossa Internazionale, un memorabile ponte aereo umanitario tra Bangkok e Phnom Penh nel pieno della spaventosa guerra civile che stava insanguinando la Cambogia.
Mappe e cartine alla mano (possinammazzalli erano tutte in inglese), ci saremmo trovati in un contesto ambientale complesso.
Il mio lavoro si sarebbe snodato al di fuori del tradizionale sistema di comando, il fatto stesso di dovermi integrare con Marina, Cri, ecc. spostava ancora piú in su la soglia critica.
Quanto al tempo a disposizione per poter raccogliere ed elaborare le informazioni essenziali circa la effettiva situazione del "profugo", meglio sorvolare.
L’unica sicurezza erano i 40° ed il 90% di umidità.. “sempre”..
La “nostra” crociera iniziò il 4 luglio del 1979 (mia, tenente del genio assaltatore ed artificiere, e del geniere Daniele Hang di Bologna) raggiungendo Singapore, senza alcuno scalo il 21 di luglio.
Una volta arrivato ci scontrammo con la vera verità:
Il capitolo VII della Carta dell’ONU sancisce che i militari della operazione potranno adottare ogni misura ritenuta idonea - ivi compreso il ricorso all’uso della forza - per attuare l’insieme dei compiti loro assegnati.
Quindi la squadra navale composta dalle navi Vittorio Veneto, Andrea Doria e Stromboli si avvicina di nuovo alla costa dondolandosi pigramente sull’oceano mantene la distanza di sicurezza di circa due chilometri con la bocca spalancata del bacino di poppa che sembra voler dire «andiamo». Tra le onde sono riapparse pure le sagome delle imbarcazioni che prelevano i profughi, i quali se ne stanno accovacciati in ordine lungo la spiaggia. Quando la prima lancia butta giú la rampa sulla battigia, un lagunare lí vicino si inginocchia nella sabbia e rimane assorto per qualche secondo con il volto rivolto verso la striscia di palme. Poi si rialza, e senza piú voltarsi, sale a bordo insieme ai suoi compagni.
Tutti si lasciano dietro un record praticamente irripetibile: una missione intera "tirata via" dall’inizio alla fine con lo stesso gruppo tattico e senza mai un rimpiazzo. E una lapide di marmo nero piantata nel giardino di quella che, per tutto questo tempo, ha fatto loro da casa e da caserma insieme.
Prima di andarcene, però, demmo vita ancora una volta a un’azione assai poco militaresca.
Quintali di panini e di farina preparati e sbarcati dallo Stromboli e consegnati nelle mani delle impareggiabili "suorine" .
Sono proprio queste le ultime persone viste su quella spiaggia.
L’ultimo a imbarcarsi fu il Colonnello.
Una suorina, si avvicina al barcone che sembra non voler piú lasciare l’arenile.
Si porta due dita alla bocca, le appoggia sulla fiancata del mezzo da sbarco e si fa il segno della croce.
II Colonnello che la raggiunge e la bacia sulle guance dicendole: «Questo bacio è per tutte voi».
Quindi, arretra di qualche passo.
E rivolgendosi al pilota della lancia, con un groppo alla gola che gli strozza la voce, fa:
«Vai, maledizione. Vai».
Il 20 agosto, dopo 47 giorni, dopo aver raccolto 900 profughi vietnamiti, rientrammo nel porto di Venezia

Queste cose, insieme alla parabolica di monza fatta a 190, ai looping fatti a 30 metri d'altezza, le conservo nel cassetto dei ricordi indelebili.

Il mondo, là fuori è cattivo,
occorre farsene una ragione,
non l'abitudine...








--
Sandro, Duca 888 Sp4 "BARNSTORMER"
Multistrada 1000 (1100 lievemente taroccata) "MANFRED III"
Honda Dominator '89 "POSTATOMICO"

Presidente del club PPCSP
==========================
"Mi rendo conto di essere crudo e spiacevole,
ma non siamo quì per fare balletti da salotto,
ne per sentire racconti di favole"

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